Qui al paese

Qui al paese quando vai dal fruttivendolo marocchino ti salutano e accolgono come in un giorno giulivo. Ti fanno assaggiare i mandarini buoni "come a Natale", dice il segaligno arabo. E ha ragione. Li compri aggiungendeoli all'altra frutta. Il vecchio sdentato si sposta per farti passare e ti racconta che l'hanno sventrato per una operazione dalla quale non si è più ripreso. "M'hanno tolto l'anima, nulla è più come prima", afferma. Tu che fai il poeta, filosofo e scrittore rimani sbigottito, vorresti rassicurarlo, replichi che "l'anima è l'unica cosa che abbiamo e dobbiamo mantenerla". Ma è una affermazione stupida, e inutile come un parente che provi a consolarti per la morte di una madre. Quando esci c'è la vallata verde della campagna romana che ti assale come una meraviglia in picchiata, il calore dell'ottobrata tardo estiva titilla la papilla dell'illusione suprema. Dentro di te sai che la creazione non è opera di un Dio Buono e caritatevole ma di un mostro lovecraftiano assetato dei nostri corpi e del nostro sangue, una macchina spietata che ci crea e disintegra per il suo mantenimento (poveri illusi i tecnologici che puntano all'immortalità proprio grazie a quella macchina feroce che ci ha creati). Il mostro sa che non può avere le nostre anime e quindi stritola e prosciuga i nostri corpi. (Vorrei tornare indietro dal vecchio sdentato e dirglielo; tienila tienila finché puoi la tua anima perché lei non può prendercela, se non vogliamo!). Ma poi il borgo con la sua aria da dì di festa mi rapisce, un bel matrimonio con gli invitati in tiro, io che entro dall'alimentari per comprare il vino bianco buono, doc, il sole caldo sulla rocca e le costruzioni storiche. Tutto deve rientrare nella normalità, anzi nella Nuova Normalità, per non impazzire e correre via devastati e urlanti, come predisse Pessoa se solo l'uomo si fosse davvero risvegliato da quest'incubo.    

La musica è finita (e gli amici se ne sono andati da un pezzo)

Ha detto bene Enrico Ruggeri. La musica pop (soprattutto) è stata resettata perché dava fastidio ed era uno strumento di aggregazione o caos sociale potentissimo. L'operazione impoverimento delle menti e dei recettori neuronali predisposti all'ascolto dei suoni è partita probabilmente alla fine degli anni '70 e oggi, dopo un lavorio certosino di infiltrazione di tutta l'industria discografica, la P2 International porta a casa i suoi risultati. La musica rock non esiste più. Il cantautorato d'autore non esiste più. La musica pop (e dance) è ridotta a una melassa informe che serve solo a far muovere il culo. I suoni che negli anni '60 e '70 servivano per innalzare lo spirito sono stati cancellati. Ridicolizzati. Osteggiati. Oggi dominano le parti basse. Dal basso ventre in giù è tutto un fiorire di aficionados del ballo di gruppo, del muove la culita. Se da un lato l'esercito LGBT e femminista sta attento a che nessun musicista bravo usi un termine sbagliato, dall'altro si lascia ai ruttatori trapper la libertà di vomitare insulti e sconcezze senza ritegno col plauso dei boomer progressisti che purtroppo monopolizzano le radio, i locali, le produzioni e le organizzazioni dei concerti. (Vedere in cartellone a Rock in Roma delle schifezze come Tedua e affini fa venire il vomito). La Trap è l'ultima frontiera del rincoglionimento. Loop meccanizzati ripetuti all'infinito con sopra quattro voci stonate di potenziali teppisti e stupratori che ripetono a vanvera frasi oscene. Capite bene che un adolescente o un ragazzetto che ascolti la Trap non scenderà mai in piazza per rivendicare un salario migliore, un vita dignitosa e opporsi alla dittatura sanitaria, o all'invasione sino-islamista (al massimo vorrà entrare in una gang afro-islamica o strillerà per tagliarsi il pene e farsi mettere una vulva finta), al contrario si farà il vaccino, e a testa bassa lavorerà come un mulo per 8/900 euro al mese rimanendo a casa con papà e mamma fino a 40 anni suonati (per la gioia dei sindacati che gli regaleranno il tormertone del 1 maggio). E troverà normale passare una serata al sushi piuttosto che in una trattoria tipica. La Cina, l'Iran, l'Arabia Saudita, la Turchia e i suoi malefici tiranni se la ridono. Un Occidente ridotto a poltiglia cerebrale è lì lì per cadere. Altro che il nemico è Putin o il cattivo è Israele. I nemici non stanno nemmeno a Bruxelles ma nei saloni delle ville che Kubrick ha ben descritto in Eyes Wide Shut. E a forza di ipnotizzarvi, vi convinceranno che la merda sa di cioccolata se servita bene. Ricordo un'intervista con quell'essere immondo (cioè che non viene da questo mondo) che è l'ex maestro massone Di Bernando durante il Covid. Il suo modello era la Cina. E lo abbiamo capito, disumani. La nostra musica è finita e gli amici se ne sono andati da un pezzo. 

Magic Shop

Il prete leopardato è segno di una Chiesa più aperta e indulgente, scrive il Menzognero nel suo occhiello accecato dalla brama terrena. E io, che invece sono un disperso su un pianeta che è solo un piano astrale, il mio nemico voglio vederlo in faccia. E non voglio una Chiesa aperta e indulgente, ma cattiva e castigatrice, voglio che la sua vera Natura non si camuffi con belletti e leopardati alla Amanda Lear. Quanta ragione aveva Franco nel suo "Magic Shop" (1979): "C'è chi parte con un raga della sera/E finisce per cantare "la Paloma"/E giorni di digiuno e di silenzio/Per fare i cori nelle messe tipo Amanda Lear... Supermercati coi reparti sacri/Che vendono gli incensi di Dior/Rubriche aperte sui peli del Papa". Io non voglio vivere in una società aperta e tollerante. La tolleranza è la faccia buona della perfidia. La bontà progressista è la porta di servizio sullo scantinato degli orrori. Io non voglio vivere nella società della Propaganda 2 dove ci lasciano accapigliare per "più pilu pe' tutti" e nel frattempo ti prosciugano il conto in banca, ti tolgono la macchina, la casa e il lavoro e i diritti sociali e il movimento e però il tuo culo puoi venderlo al miglior offerente. Santi numi che bontà! "Siamo tutti in pericolo" scriveva Pier Paolo nel 1975, infatti fu massacrato il giorno dopo. Il Capitale non perdona, Marx l'aveva capito, ma invece di combatterlo voleva prenderne possesso. Tutto si fa in nome del bene dell'altro. Io non voglio il bene perché lo sono intrinsecamente, io non voglio nulla (vorrei solo sparire nel nulla, ma è un obiettivo troppo sublime in questa dimensione di cellule impazzite nel cancerogeno balletto zulu, nel desiderio Waka Waka). Nel Magic Shop di Franco vendono noi, oggi: "E più si cresce e più mestieri nuovi/Gli artisti pop, i manifesti ai muri/I Mantra e gli Hare Hare a mille lire/L'esoterismo di René Guénon". Porti e confini aperti come i nostri culi, scrivono le armate LGBT, più crocifissi e repressione armata ribattono i generali Fattacci dall'altro lato. Lo show must go on. Urlare, sbraitare, sbandierare falsi dilemmi, irrisolvibili giostre di Baby Gang e spacciatori e africani col big bamboo a pisciare in centro all'aperto. Nel frattempo le stelle stanno a guardare il nostro svanito de-siderare. Non avremo più nulla e saremo felici. Ma no, non è il nulla materiale che ri-cerco. E' qualcosa a cui non si può accedere con corpo e cellule e sangue. Non sta sugli scaffali di questo Magic Shop. Il sogno divino di un incarnato forzato e forzoso che non perdona i suoi aguzzini, i carcerieri dell'anima. No, non vi perdono, pseudo sciamani coi cappucci.    

Se io fossi un angelo

Se io fossi un angelo, cantava Lucio Dalla. E proprio da Lucio prendo la forza per scatenare la mia ira verbale contro la musica italiana contemporanea. Appunto, se io fossi un angelo, farei chiudere definitivamente Amici di Maria de Filippi e tutti i Talent e manderei a scuola di musica i produttori e gli arrangiatori e i parolieri dei gggiovani 'artisti' delle classifiche. Se io fossi un angelo vieterei per legge l'uso dell'autotune e costringerei Capo Plaza, SferaeBBasta, Salmo e Giolier e gli altri truffatori del canto a misurarsi con un pezzo di Dalla, magari "Futura", per vederli svenire stramazzanti al primo cambio di tonalità. Se io fossi un angelo imporrei a tutti i ragazzi nelle scuole lo studio della musica, dalle basi, devono sapere cos'è una bemolle e cos'è una chiave di violino e come si legge il pentagramma, pentragrullini che non siete altro. Se io fossi un angelo farei scrivere una Storia della Musica Italiana a qualche giornalista non corrotto dal sistema sanremese delle bustarelle (e ce ne sono) e gliela imporrei come testo obbligatorio in tutti i licei (una storia che ovviamente comincerebbe con i primi del '900 e la canzone napoletana e finirebbe nell'anno del Signore 1998, la morte di Lucio Battisti, che dopo si è scivolati nel guano del girone infernal-talentato e non talentuoso). Se io fossi un angelo abolirei per legge il Reggaeton e la Trap e inonderei le feste degli adolescenti delle soavi note dei Luca Carboni, Gianni Togni, Renato Zero, Vasco Rossi, Lucio Battisti, Lucio Dalla, Pino Daniele, Claudio Baglioni, Battiato, Rettore, Loredana, Fossati, Samuele Bersani, pure Toto Cutugno ci starebbe, pure Al Bano e Romina farei risuonare. Se io fossi un angelo piangerei per la manomissione mentale architettata dagli strateghi della cultura di massa; poveri piccoli ipnotizzati dai riff e dai loop e dai jingle tutti uguali, ripetitivi senza armonia, melodia, senz'anima delle nuove hit trap/reggaton/pop che dopo un mese nessuno, per fortuna, ricorda più. Se io fossi un angelo cari giovani musicanti, come diceva il buon Lucio: sulla testa vi piscerei.  

L'era delle pandemie (e del bianconiglio)

Buongiorno. Nell'audizione di ieri, martedì 24 maggio 2022, alla Camera dei Deputati, il professor Frajese, medico sospeso dall'Ordine, oltre ad aver illustrato i numerosi e micidiali effetti avversi del siero, ha detto che chi se lo inocula vedrà il suo DNA modificato. Intanto, a Davos, in questa specie di consesso degli "illuminati" di Baviera post litteram, le "democrazie sanitarie" celebrano gaudenti e plaudenti L'Era delle Pandemie. E temono per Il Nuovo Ordine Mondiale. Lì, nella ridente Svizzera delle mucche heidiane, l'Australia, questo paese di allevatori di tarantole e caimani, che nei secoli ha prodotto al massimo Mel Gibson e gli INXS (che, per carità, tanto rispetto), dice che la libertà di parola va ricalibrata. Il Fuhrer Schwabb, evidentemente memore delle collaborazioni della sua Famiglia con le gloriose SS, ha detto che è ora di salvare il mondo. L'amministrazione del Bianconiglio che dà la mano all'amico immaginario (ma del resto è giusto così, i nuovi USA sono retti da piccoli fiammiferai magici e autori Netflix) ha coniato, proprio per Davos, lo slogan "Build Back Better" che un po' richiama i teppistelli antritrumpiani che saccheggiano GAP per pigliarsi le magliette, dall'altro evoca Il Grande Reset del Capitale. Un Reset per loro, ovviamente, perché il quadro non gli piace più, e devono passare al livello successivo. Quello dove gli umani mutano il loro DNA e non rompono più i coglioni con la loro anima indisciplinata.

p.s. se questo post è troppo complottista per gli amici "liberali" che vogliono andare fino alla vittoria finale lo tolgo eh, tranquilli.

p.s 2 L'ho riscritto qui perché FB me l'ha tolto sospendendomi per tre gg. Evidentemente ho colpito e affondato i discepoli irritati del globalismo

Il rosario e l'esorcismo silenzioso

Ce le avete ancora negli occhi le immagini dei lavoratori del porto di Trieste che si tengono per mano. Che stringono il rosario poco prima di venir spazzati via dagli idranti e dai lacrimogeni. Non eravamo abituati. Non era più abituato nemmeno l'attuale anti-papa, il gesuita impregnato di materialismo storico e scienza incappucciata. Non sono abituate le nuove generazioni che il rosario lo hanno visto, forse, solo addosso a qualche rockstar capricciosa o tatuato sulle braccia e il torso dei rapper. Non siamo abituati noi laici agnostici impenitenti che non abbiamo frequentato a sufficienza il sud Italia e i suoi abitanti, l'80% dei quali rimasti attaccati a una tradizione religiosa che, proprio nel rosario, affonda le sue maggiori radici simboliche. Per scrivere "Imago Lux", in realtà, mi sono dovuto informare proprio sul rosario; sul rosario il mio romanzo è praticamente improntato. Il rosario che combatte il demonio, capace di compiere esorcismi miracolosi e tenere a bada il Maligno. Ma qui si apre un discorso voragine che potrebbe sviarci dal proposito di questo scritto. Il rosario è l'emblema di Maria Vergine e del femminile, di quella dea Iside a cui Maria è ispirata, quell'elemento spirituale che il serpente cattura ma che alla fine si libera e lo vince tenendolo schiacciato sotto il calcagno, come vuole la Bibbia. Il femminile vince sul male, lo sanno bene gli esoteristi, lo sanno gli incappucciati, i gesuiti, gli islamisti radicali, gli ebrei ortodossi; per questo è temuto come la peste. Fa impressione vedere omaccioni come i portuali stringere nelle loro mani forti un piccolo oggetto, una catenina, uno sgusciante ammennicolo che i più guardarebbero e guardano come una roba da donnette, da finocchi magari. E però, affinché l'oggetto abbia efficacia, non solo deve essere ben maneggiato ma non deve essere ostentato (come invece ha fatto quel pover'uomo - pover'uomo e perdente - di Matteo Salvini tempo fa). Affinché il potere non solo lo tema davvero ma ne rimanga soggiogato, il rosario deve rimanere in disparte, dev'essere pregato in silenzio, nel riserbo di una stanza, magari con una luce fioca che ricordi la speranza a cui ci aggrappiamo. Solo gli esorcisti veri, quelli che il demonio lo conoscono e lo sanno affrontare possono ostentarlo.  Eva, nomen omen, nel mio romanzo fa esattamente questo. Lo ostenta contro il Maligno perché sa come si fa. Contro questi uomini mascherati, contro i maligni che ormai impunemente soggiogano la povera gente in una Italia tirannica come solo durante il fascismo, serve prudenza. Pregate il rosario ma fatelo in silenzio, lasciate che la sua potenza e la sua forza miracolosa rimangano un mistero. Che, dal buio, conducano alla luce che, da fioca, diventi una finestra spalancata sul giorno. Un nuovo giorno.    

L'era delle lucertole verdi 

E' un tempo strano. Mi piacerebbe scrivere qualcosa di importante. Mi piacerebbe far sapere a quei pochi che mi seguono che ho scritto un romanzo che, come fa ogni autore che si rispetti, reputo un grande libro, "Imago Lux", che parla dei temi immortali che affliggono l'essere umano: il bene e il male, Dio e il Diavolo, l'uomo e la donna, il senso dell'esistere qui nell'impermanente realtà di sogno. E tuttavia, come avrebbe detto il sommo Battiato, in quest'epoca di pazzi ci mancavano gli idioti dell'orrore (quindi anche il sottoscritto che ha scritto un romanzo horror). E allora mi tocca ripiegare sull'attualità: sulla finale dell'Italia all'Europeo di calcio contro l'Inghilterra. Mi tocca infiorettare la penna ricordando a me stesso che, quando ero bambino e il sabato sera Raffaella entrava in scena, c'era qualcosa di magico che l'avvolgeva. Qualcosa che ti inchiodava al divano, con tua mamma accanto che commentava estasiata i suoi abiti. Chissà se va, chissà se va, se va, ma sì che va ma sì che va, che va, e se va se va se va tutto cambierà, forza ragazzi spazzola e chi mi fermerà. L'Italia delle femministe anni'70 (le progenitrici delle donne in burqa che oggi tanto piacciano alle paladine dei diritti altrui) inorridiva di fronte a cotanto spettacolo discinto, lascivo, leggero, ammiccante. Mi tocca parlare dell'immanente per non venir risucchiato dai buchi neri di una realtà fittizia, lacerata, da un cosmo sempre più sgretolato sotto i colpi dell'antimateria. E l'immanente è il quotidiano che simula un senso, l'attualità che detta la nostra agenda. Non li vedete gli anchormen tutti belli severi che vi guardano negli occhi come a dire; buongiorno, ecco a cosa dovete pensare oggi. Se non li vedete è perché loro sono dei Visitors e hanno preso le sembianze di noi umani inconsapevoli e quando parlano sembra che vi raccontino una favola e invece fanno la V del vaccino sulla spalla per dire, appunto, Visitors, non vaccino. Mi tocca parlare del fatto che esistono due imbecilli che non hanno né arte né parte, uno finge di fare il rapper, l'altra finge di fare l'influencer (in pratica quella che diffonde l'influenza - e quindi il virus), e 'sti due spiccialetti con una torma di beoti al seguito dettano l'agenda della politica italiana. Mi tocca ricordare a me stesso che vita e morte si susseguono come notte e giorno e quindi non c'è nulla di che preoccuparsi. Il tempo e l'invecchiamento sono soltanto una trasformazione genica (come il vaccino), tutto avviene dentro di te (fuori non cambia nulla, solo le forme delle mode che illudono sul trascorrere degli anni). Siamo ancora negli anni '70, tu con la pelliccetta nera che ti aveva cucito tua mamma che scendi le scale del Campidoglio per mano ai tuoi, Ma che musica maestro nel cervellino di bambino biondino. C'è tutto un mondo intorno, bambino, corri corri a prenderlo e attento a non cadere nel pozzo di Oz. Uh lì ci sono le grandi lucertole verdi, quelle che incantano, e ingabbiano, le anime, le maestre dell'inganno, talmente abili da diventare presidenti del consiglio e farsi osannare erga omnes. Ripetiamo tutti insieme: Noi vogliamo l'Era del Cinghiale Bianco, e danziamo la danza sfrenata della pazzia contro il re del Mondo.       

Anni di Zinco

Diciamocelo chiaramente. A poco a poco gli anni '80 musicali se ne stanno andando e noi ci sentiamo più vecchi e isolati. In realtà se ne sono andati da un pezzo in tutti gli altri settori della vita sulla Terra, e però in musica, vuoi per i revival, vuoi per il sound che non smette di incantare e di ispirare le nuove generazioni, quegli anni continuano a vivere. La morte di Nick Kamen, ragazzo prodigio del pop che con un album, il primo, del 1986 (omonimo), scalò le classifiche, divenne idolo delle ragazzine e delle discoteche e illuminò come una meteora (una delle tante), quell'epoca di Zinco, è una morte che, al pari di quella dei ben più talentuosi Prince, David Bowie o Michael Jackson, segna la fine di un'epoca. Ci sentiamo orfani, soprattutto, dello zinco con cui ho definito quegli anni. Lo zinco è un minerale prezioso per la vita su questo pianeta e in particolare per gli uomini. Le sue proprietà antibatteriche e antivirali (in tempi di pandemie o presunte tali) fanno il paio con quelle antidepressive e antiossidanti. Erano anni, dunque, di eterna giovinezza, lontani dalle ansie e le depressioni con cui i vampiri energetici che guidano il mondo si nutrono di noi. Erano anni in cui potevi fare il modello per un paio di Levis 501, come Nick, essere notato dalla star più famosa del momento (Madonna, con lui nella foto in alto) e essere scritturato per registrare un album. Da questo album trarre un singolo, "Each Time You Break My Heart" e arrivare al numero uno in tutto il mondo. Voilà. Un mondo di possibilità, di bellezza, di studio e ricerca della bellezza. In ogni settore, in ogni campo. Erano anni di spensieratezza nonostante la cappa nucleare sulle nostre teste (o presunta tale o forse proprio per quella cappa). Si ballava e si stava; ragazzi e ragazze insieme senza troppe menate (se ci si doveva menare ci si menava se si doveva scopare si scopava). Non c'era il politicamente corretto, non c'era il bullismo se non nella percezione di chi lo esercitava o subiva. Facevi a botte? Pace. O le davi o le prendevi. Non c'erano divieti assurdi. Il sound ci accompagnava nelle nostre giornate piene di sport, scuola, discoteche, feste, pranzi e cene in famiglia; lavoro che sarebbe arrivato, prima o poi, un giorno o l'altro. E poi prospettive, orizzonte di eventi che si sarebbero manifestati. Aspettative. Nick Kamen ha rappresentato nei cuori delle ragazzine col poster in camera il simbolo del bello, vero, che diventa possibile. In quello dei ragazzi l'aspirazione a un modello di bellezza e fortuna, ricchezza, e successo. In sintesi, il riassunto di quegli anni benedetti. Di zinco, appunto. Antidepressivi, antiossidanti. Antivirali. A noi una macchina del tempo, per battere il virus, non solo del Covid (vero o meno che sia), ma quello del Nuovo Ordine Mondiale che ha preparato per noi la cinesizzazione forzata. E questa cappa di morte e maleficio che aleggia sui nostri cuori.   

Due calci al pallone in strada

Sono figlio di bottegai. E me ne vanto. I miei avevano due negozi su una delle vie più commerciali della Roma anni'80, in un quartiere in grande crescita. Coi ragazzini figli degli inquilini del palazzo di sopra giocavamo a calcio sul marciapiede. Inventavo una palla arrotolando carta velina e scotch da pacchi marrone. Con un gradino rialzato che stava fra un negozio e l'altro facevamo la porta. Uno contro uno, due contro due. Bellissimo. Cadute e ginocchia sbucciate, grandi sudate. Magliette che puzzavano. Clienti dei negozi che ci guardavano storcendo il naso. Ogni tanto qualcuno: "A ragazzi' ma proprio qua dovete sta'?" La mia tecnica si raffinava. Una palla di quel tipo, se hai sensibilità, ti rende un sudamericano. La foto che vedete in questo scritto è di quegli anni. Paulo Roberto Falcao, neo acquisto della Roma di Dino Viola, in visita nella nostra parrocchia; la santa Francesca Cabrini, vicino piazza Bologna. Le due bambine che vedete sono mia sorella e mia cugina. Quello dietro col completo chiaro è mio padre. Falcao è intervistato dal giornalista del Tg3 Felice Borsato. Il prete con la barba sulla destra è l'immenso Padre Mario che era stato in Brasile e aveva contatti con quel mondo del calcio e grazie a lui Falcao venne a trovarci. Devo a padre Mario e al suo oratorio se, negli anni, sono diventato un discreto centrocampista alla Giannini (così dicevano) che ha fatto un provino con la Lodigiani e uno con la Roma prima di mollare perché sì, ero tecnicamente sopraffino, ma avevo poco carattere, come dicevano gli allenatori del tempo. Dico questo perché nella nuova era del transumanesimo giocare a calcio in strada è diventato un atto sovversivo (che infatti non si fa più). Al massimo, con la nuova religione della pandemia perenne, i ragazzini devono indossare la mascherina per correre all'aria aperta, se poi schiattano c'è sempre un virologo kapò che ci spiega che non c'è nessuna correlazione. Lo dico anche perché Andrea Agnelli, lo sventurato presidente per caso della Juventus, ha fallito miseramente il suo progetto di una super lega per ricchi; una sorta di club di Skulls & Bones riccastri che si piglia la palla e dice; adesso le squadre le facciamo noi. Lo stesso presidente per caso, assieme al fumettistico presidente del real Madrid Florentino Peres, lo avrebbe fatto lagnandosi perché, secondo lui, bisognerebbe ridare vigore a partire ormai noiose a cui i giovani non prestano più attenzione, ed ecco perché giocano solo a Call of Duty. A me verrebbe da dire un'altra cosa: i ragazzi giocano alla Play perché ormai gli impediscono pure di respirare liberamente. Figuriamoci dare due calci a un pallone in strada. Il transumanesimo in fondo questo vuole; passare dall'homo azione all'homo inazione. Agli arti si sostituiscono il visual e la mente come unica via per rapportarsi alla nuova realtà (la nuova normalità) che sarà solo virtuale. Ce lo spiega Zuckerberg, ce lo spiega Elon Musk, ce lo spiegavano pure quei milanesi imbruttiti della Casaleggio Associati quando già nel lontano 2006 incensavano Second Life come nuovo modello di vita (se non di esistenza). Solo virtuale. Della serie; la realtà fa schifo, siccome non possiamo suicidarci in massa, creiamoci una vita alternativa in un altro luogo, nella rete, nell'ologramma della mente. Io che sono diventato uno scrittore e non un Giannini dico: preferisco scrivere la mia realtà attraverso i romanzi, dar vita ai miei mondi attraverso le storie. E trasgredire tutte le regole della pandemia perenne, fare resistenza civile, sognare quegli anni in cui sulle strade della città si potevano dare due calci al pallone in mezzo alla gente, immaginare un nuovo umanesimo che abolisca il prefisso trans (solo quello per carità). E fare di tutto per convincere i ragazzi a riconquistarle, quelle strade, quelle piazze, i marciapiedi, i cortili, i vicoli, i giardini. Vivere sarà la nuova forma di ribellione. Vivere, contro la morte in vita della sicurezza e della falsa salute. Vivere per non crescere con la faccia del ministro della Malattia. Quello senza speranza.        


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Sono stati loro, i ragazzi di IoApro, a smuovere finalmente le coscienze assopite degli italiani ammansiti dal lockdown perenne decretato dagli eletti guitti filo cinesi che non siedono più in Parlamento (perché non lo interpellano più e non è più considerato il centro della nostra democrazia), ma nei salotti televisivi. Sono stati Momi, Umberto...

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